Cibo per la mente #1 Kitchen e Okonomiyaki

Kitchen, di Banana Yoshimoto, 1988 (prima ed. italiana 1991)

“Non c’è posto al mondo che io ami più della cucina. Non importa dove si trova, com’è fatta: purché sia una cucina, un posto dove si fa da mangiare, io sto bene. Se possibile le preferisco funzionali e vissute. Magari con tantissimi strofinacci asciutti e puliti e le piastrelle bianche che scintillano. Anche le cucine incredibilmente sporche mi piacciono da morire. Mi piacciono con il pavimento disseminato di pezzettini di verdura, così sporche la suola delle pantofole diventa subito nera, e grandi, di una grandezza esagerata. Con un frigo enorme pieno di provviste che basterebbero tranquillamente per un intero inverno, un frigo imponente, al cui grande sportello metallico potermi appoggiare. E se per caso alzo gli occhi dal fornello schizzato di grasso o dai coltelli un po’ arrugginiti, fuori le stelle che splendono tristi. Siamo rimaste solo io e la cucina. Mi sembra un po’ meglio che pensare che sono rimasta proprio sola. Nei momenti in cui sono molto stanca, mi succede spesso di fantasticare. Penso che quando verrà il momento di morire, vorrei che fosse in cucina. Che io mi trovi da sola in un posto freddo, o al caldo insieme a qualcuno, mi piacerebbe poterlo affrontare senza paura. Magari fosse in cucina!”

Non ricordo più quanti anni avevo quando ho letto Kitchen per la prima volta – forse 15 o 16, non so – quello che ricordo è di esserne stata immediatamente catturata. Perché il cibo, la cucina, sono stati il mio più grande amore da sempre. Da che ho memoria, le mie storie a fumetti, vignette, giocattoli, esperienze preferite sono sempre state quelle che avevano a che fare con la cucina. Trovare una storia così, mi folgorò. Sarebbe stata appassionante e commovente comunque, ma a me ha toccato ancora di più, per la sua ambientazione. Poi sono cresciuta e mi sono ritrovata ad essere una cuoca professionista e viverci davvero, in cucina, e quella storia è sempre con me, come una vecchia amica con cui sei cresciuto e poi ti rivedi dopo tanti anni, cambiate, ma in fondo ancora le stesse.

Oltre che per il mio rapporto intenso con questo libro, ho scelto  Kitchen poiché è una piccola storia perfetta per questo periodo particolare, sospeso nel tempo e nello spazio, che stiamo vivendo. La scrittura di Banana Yoshimoto è pacata, intima, parla con grande sincerità di esperienze che ognuno di noi si è trovato a vivere e che si trova a vivere, o sentir raccontare, anche in questi giorni: solitudine, paura, morte, incertezza sul futuro. Ma anche desiderio di cose semplici, di rinascita, di vita. Di chiacchierare con un amico, di preparare con cura un pasto e consumarlo con qualcuno che amiamo, di guardare al futuro con speranza, con serenità.

Non racconto niente della trama, poiché è talmente semplice e delicata che preferisco lasciarla dipanare dinanzi allo sguardo del lettore, accompagnato dal ritmo pacato eppure emozionante della storia e da un susseguirsi di piatti che fanno venire l’acquolina in bocca e voglia di mettersi a cucinare.

E proprio perché sono sicura che, se leggerete, o rileggerete, Kitchen, vi verrà voglia di mettervi ai fornelli a preparare almeno una delle specialità descritte, vi lascio con una ricetta da provare.

Tra tante, ho scelto l’Okonomiyaki, un piatto giapponese tradizionalissimo e super diffuso, sia nelle case giapponesi, poiché è estremamente facile ed economico da preparare, sia nei ristoranti in quanto piatto super conviviale, da cuocere e gustare al momento in compagnia. Il nome Okonomiyaki letteralmente significa “quello che ti piace (o “quello che vuoi”) cotto alla piastra”. “Quello che vuoi” poiché in pratica la ricetta è tale che a una base standard si possono aggiungere gli ingredienti che si preferisce, oppure… che si hanno sottomano. Ecco perché ho scelto di proporlo: l’Okonomiyaki è un piatto perfetto per questi tempi, dato che possiamo prepararlo con quello che abbiamo in casa, senza la necessità di uscire per acquistare qualcosa di specifico, ma anche, magari, per utilizzare qualcosa che magari andrebbe sprecato.  Un piatto divertente, gustoso e anche antispreco, dunque. Cosa chiedere di più?

Okonomiyaki

per 3 o 4 persone:

100 g di farina 00

50 g di fecola di patate, amido di mais o di riso o di frumento

1 uovo grande (o 2, se piccole)

200 ml di acqua fredda

250 g di cavolo cappuccio sminuzzato piuttosto finemente

50 g di cavolo riccio sminuzzato piuttosto finemente

1 cipollotto (o ¼ di un porro medio)

1 pezzetto di zenzero (grande come una piccola noce)

1 fetta di pancetta fresca da circa 100 g

1 cucchiaio di salsa di soia

¼ di cucchiaino di lievito chimico per dolci e torte salate (NON vanigliato!)

¼ di cucchiaino di sale fino

½ cucchiaino di zucchero

Per guarnire:

4 cucchiai di ketchup mescolati a 1 cucchiaio di salsa di soia e 1 cucchiaino di salsa Worchestershire

Maionese

erba cipollina

semi di sesamo

Lavate e asciugate bene la verdura, affettatela finemente, poi sminuzzate ulteriormente. Non deve risultare un trito, ma non devono esserci pezzi troppo grossolani, altrimenti la cottura non sarà omogenea. Tagliate a fiammifero la pancetta, fatela leggermente arrostire in una padella calda senza condimento per un paio di minuti, scolate l’eventuale grasso in eccesso e lasciatela raffreddate. Sbucciate e tagliate a fiammifero sottile (oppure grattugiate) lo zenzero. Affettate sottilmente il cipollotto (o il porro). In una ciotola capiente, setacciate assieme la farina, l’amido, sale, lievito e zucchero. Misurate l’acqua in un contenitore, unite la salsa di soia e l’uovo e sbattete con la forchetta o una frusta. Versate i liquidi nella ciotola della farina e amalgamate bene, poi unite la verdura, lo zenzero, il cipollotto e la pancetta. Mescolate accuratamente.

Fate scaldare una ampia padella antiaderente, versate un filo d’olio e poi ⅓ (o ¼, a seconda delle dimensioni della padella) del composto preparato. Distribuitelo, aiutandovi con una spatola o leccapentole, in un cerchio dello spessore di un centimetro e mezzo circa. Coprite con un coperchio e fate cuocere, a fiamma media, per 5 minuti, poi togliete il coperchio e fate cuocere a fiamma più vivace un altro minuto. Con delicatezza, girate la “frittella” e fate cuocere per 5 minuti anche dall’altro lato. Giratela ancora un paio di volte, entrambi i lati dovranno essere ben cotti e leggermente bruniti. Preparate allo stesso modo gli altri okonomiyaki e serviteli, cosparsi con un poco delle salse e una spolverata di semi e erba cipollina fresca.

Itadakimasu! (L’equivalente di “buon appetito” in giapponese)

 

NOTA: Questa è la ricetta di come l’ho preparato io stavolta, la ricetta tradizionale prevederebbe come verdure il solo cavolo cappuccio e cipollotto nella pastella, come guarnizione, maionese e una particolare salsa agrodolce che assomiglia molto alla salsa Barbecue  e come topping alghe sbriciolate e delle scaglie di tonnetto secco. Voi potete sostituire, omettere o aggiungere ingredienti in base a quello che avete in frigorifero/dispensa, che preferite. La base fondamentale sono la farina e l’uovo, altrimenti non ci sarebbe struttura. Se non avete amidi, utilizzate solo la farina di frumento normale. Come verdure potete sostituire, oppure aggiungere: cavolo cappuccio bianco, verza, cavolini di Bruxelles, o anche altre verdure, come carote, zucchine o patate dolci grattugiate con la grattugia a fori grossi, fagiolini, mais lessato. Come aggiunte, potete usare carne affettata sottile, pancetta dolce o affumicata, pesce fresco o affumicato, tofu. Come salse e condimenti: salsa barbecue, piccante, senape, semi di sesamo o papavero, erbe aromatiche a piacere, peperoncino…

Diletta Poggiali

https://japaninsides.com/make-okonomiyaki-home/

https://quitegoodfood.co.nz/basic-okonomiyaki/

https://www.japancentre.com/en/recipes/1-okonomiyaki-savoury-pancake